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134 storia della decadenza

va l’ingratitudine di una Corte vigliacca. Nondimeno Narsete non usò di una debole e nociva indulgenza per assicurarsi l’amor delle truppe. Immemore del passato, e non curante dell’avvenire, esse male spendevano le presenti ore della prosperità e della pace. Le città dell’Italia risuonavano allo strepito de’ stravizzi e de’ tripudj: le spoglie della vittoria si consumavano in sensuali piaceri, e null’altro (dice Agatia) più rimanea da farsi, se non se cangiare gli scudi e gli elmi contro il molle liuto e l’anfora capace1. In una virile concione, non indegna di un censore Romano, l’Eunuco biasimò questi disordinati vizj, che svergognavano la fama de’ guerrieri, e ne mettevano la salute in periglio. I soldati arrossirono ed obbedirono: si confermò la disciplina, si restaurarono le fortificazioni: fu sovrapposto un duca alla difesa ed al militare comando di ciascuna delle principali città2; e l’occhio di Narsete scorreva su tutto il vasto prospetto che si stende dalla Calabria alle Alpi. Gli avanzi della nazione Gotica sgombrarono il paese, o si mescolarono co’ natii: i Franchi, invece di vendicar la

  1. Ελιπετο γαρ οιμαι, αυτοις υπο αβελτεριας τας ασπιδας τυχον και τα κρανη αμφορεως οινου και βαρβιτου αποδοσθαι. „Rimanea solo, io penso, alla loro stoltezza, il contrattare scudi e cimieri con fiaschi di vino, e con chitarre„. (Agatia, l. II p. 48) Nella prima scena del Riccardo III, Shakespeare ha bellamente amplificato questa idea di cui probabilmente non andava obbligato all’istorico Bizantino.
  2. Il Maffei ha provato (Verona illustrata, P. I l. X p. 257, 289), contro l’opinione comune, che i Duchi d’Italia furono instituiti avanti la conquista dei Lombardi dallo stesso Narsete. Nella Sanzione Prammatica (n. 23), Giustiniano ristringe gli iudices militares.