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cato, e ridotto dall’invidia ad accattare il pane, esclamando.

„Date un obolo al General Belisario„. Ma questa favola ha ottenuto credito, o per meglio dire favore, quale strano esempio delle vicissitudini della fortuna1.

Se l’Imperatore potè rallegrarsi per la morte di Belisario, egli non godè questa abbietta soddisfazione, che per lo spazio di otto mesi, ultimo periodo di un regno di trent’otto anni, e di una vita di ottanta tre. Sarebbe difficile delineare il carattere di un Principe, il quale non è il più cospicuo oggetto de’ proprj suoi

    la cecità e la mendicità di Belisario in dieci versi popolari o politici (Chiliad. III n. 88, 339-348, in Corp. poet. graec. t. II p. 311).

    Εκρωμα ξυλινον κρατων εβοα τω μιλιω
    Βελισαριω οβολον δοτε τω στρατηλατη
    Οκ τυχη μεν εδοξασεν, αποτυφλοι σο φθονος.

    „Tenendo in mano una coppa di legno, gridava al popolo: date un obolo a Belisario Generale, glorificato già dalla sorte, poi dall’invidia accecato„.
    Questa morale o romanzesca novella fu portata in Italia insieme con la lingua ed i codici della Grecia; e quivi fu ripetuta avanti il fine del secolo XV da Crinito, da Pontano e da Volaterrano; impugnata da Alciato, per onor della giurisprudenza; e difesa dal Baronio (A. D. 561 n. 2 ec.) per onor della Chiesa. Non pertanto lo stesso Tzetze aveva letto in altre cronache che Belisario non perdette la vista, e che ricuperò la sua riputazione ed i suoi beni.

  1. La statua che trovasi nella villa Borghese a Roma, seduta e colla mano stesa a chiedere, che volgarmente si attribuisce a Belisario, può con più dignità attribuirsi ad Augusto in atto di farsi Nemesi propizia (Winkelman, Hist. de l’Art, t. III p. 266). Ex nocturno visu etiam stipem, quotannis, die certo, emendicabat a populo, cavam manum asses porrigentibus praebens (Suet. in August. c. 91, con un’eccellente nota di Casaubono).