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del Principe, la pubblica costernazione si manifestò ne’ vestimenti de’ cittadini; e la trascuranza e lo sgomento loro apportarono una generale carestia nella capitale dell’Oriente.

[A. D. 542-594] Inseparabile sintomo della peste è quello di essere appiccaticcia ed atta per mezzo della respirazione degli infetti a trasfondersi nei polmoni e nello stomaco di quelli che ad essi stanno vicini. Nel tempo che i filosofi credono a questo fatto e ne sbigottiscono, è singolare che l’esistenza di un sì reale pericolo venisse negato dal Popolo il più propenso ai vani ed immaginarj terrori. Nondimeno i concittadini di Procopio s’erano persuasi, mediante alcune poche e parziali esperienze, che l’infezione non s’attaccava anche col parlar più d’appresso agli appestati1; e questa persuasione giovava a sostenere l’assiduità degli amici e dei medici nella cura degli infermi, che una disu-

    Mead attribuisce la particolare salubrità delle case religiose al doppio vantaggio dell’esser separate dalle altre, e dell’astinenza che vi si osserva (p. 18, 19).

  1. Il Dott. Mead prova che la pestilenza è contagiosa, coll’appoggio di Tucidide, di Lucrezio, di Aristotile, di Galeno, e dell’esperienza comune (p. 10-20); ed egli confuta (Preface, p. 2-13) l’opinione contraria dei medici francesi che visitarono Marsiglia nell’anno 1720. Non pertanto erano dessi i recenti ed illuminati spettatori di una peste che, in pochi mesi, portò via cinquantamila abitatori (Sur la Peste de Marseille, Paris, 1786) di una città, la quale nei presenti giorni della prosperità e del commercio non contiene più di novantamila anime (Necker, sur les Finances, t. I, p. 231).