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218 storia della decadenza

senza e l’opinione di Augusto confermarono la sentenza di esilio, proferita contro un parricidio d’intenzione dal tribunale, domestico di Ario. Adriano confinò in un’isola il padre geloso, il quale, somigliante ad un assassino, avea colto l’opportunità della caccia per ammazzare un giovane incestuoso, amante della sua matrigna1. Una giurisdizione privata ripugna allo spirito della monarchia; dalla condizione di giudice, il padre fu di nuovo fatto discendere a quella di accusatore; ed Alessandro Severo ingiunse a’ magistrati di ascoltarne le querele e di eseguirne la sentenza. Egli non poteva più porre a morte il figlio, senza incorrere nel delitto e nel castigo di un’uccisione; e le pene del parricidio, da cui la legge Pompea l’aveva esentuato, gli furono in ultimo applicate dalla giustizia di Costantino2. La stessa protezione è dovuta a tutti i periodi dell’esistenza; e la ragione dee applaudire l’umanità di Paolo, che dichiara reo di omicidio il padre che strozza, lascia morir di fame od abbandona il suo bambino; o lo espone sopra una piazza pubblica alle venture di quella pietà che gli ha negato egli stesso. Ma l’esposizione dei fanciulli

  1. Quod latronis magis, quam patris jure eum interfecit, nam patria potestas in pietate debet non in atrocitate consistere (Marciano, Instituzioni, l. XIV, nelle Pandette, l. XLVIII tit. 9 leg. 5).
  2. Le leggi Pompea e Cornelia (de sicariis et parricidis) sono rinnovate o piuttosto abbreviate cogli ultimi supplimenti d’Alessandro Severo, di Costantino o di Valentiniano, nelle Pandette (l. XLVIII tit. 8, 9) e nel Codice (l. IX tit. 16, 17). Vedi eziandio il Codice di Teodosio (l. IX tit. 14, 15), col Comentario di Gotofredo (l. III p. 84, 113) che su queste leggi penali sparge un torrente d’erudizione antica e moderna.