Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/204

Da Wikisource.
198 storia della decadenza

palmato ad una giovanetta d’opulenta famiglia, appellata Eudossia; avendo i parenti di questa differite le nozze, si indusse ella a fuggire collo sposo prescelto. I due amanti subornarono con denaro i soldati che nella notte guardavano la porta di Keisan. Giona, che passava il primo, fu circondato da una truppa d’Arabi; esclamò in lingua greca: „L’uccello è preso„, e così diede avviso alla sua Bella di ritornarsene a Damasco. Lo sciagurato Giona, tratto avanti a Caled, e minacciato di morte, dichiarò che credeva in Dio solo, e in Maometto suo appostolo, e fino al giorno del suo martirio adempiè i doveri di un bravo e leale Musulmano. Presa la città, andò al monastero ove erasi ricoverata Eudossia: ma costei avea dimenticato l’amante, non vedendo più in lui che un appostata cui ricevette con sommo dispregio. Preferì essa la sua religione alla terra nativa, e Caled, sordo alla compassione, ma guidato in questo caso dalla giustizia, ricusò di ritenere per forza un uomo, o una donna di Damasco: per un articolo del Trattato, e per le provvidenze che esigeva questo nuovo conquisto, dimorò Caled in Damasco per quattro giorni. Conteggiando il tempo e la distanza avrebbe egli in tal occasione perduto la smania delle stragi e delle rapine; ma s’arrese alle importune istanze di Giona, che lo assicurava potersi ancora arrivare i fuggitivi spossati di fatica. Gli inseguì di fatto Caled con quattromila cavalieri travestiti da cristiani Arabi. Non si fermava che pel momento dell’orazione, e ben conoscevano le sue guide il paese. Per lungo spazio di

    dossia, che dichiara l’intenzione di prendere il velo monastico a Costantinopoli. Scioglimento totalmente inetto.