Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/232

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226 storia della decadenza

role d’un giovanetto Arabo, che per l’ultima volta abbracciava la madre e la sorella, si può conoscere la semplicità della lor fede. „Non già, disse loro, le squisitezze della Sorìa, e le gioie passeggere di questo Mondo m’hanno indotto a consacrare la vita per la causa della religione; voglio impetrare il favor di Dio, e del suo appostolo: ho udito dire da un compagno del Profeta, che le anime dei martiri saranno alloggiate nel gozzo degli uccelli verdi che mangiano le frutta del paradiso, e che bevono l’acqua delle sue correnti. Addio: ci rivedremo fra i boschetti, e presso le fontane che Dio riserva a’ suoi eletti„. Quei fedeli che cadeano in balìa del nemico aveano occasione di esercitare la costanza men forte, ma più difficile, e fu applaudito il cugino di Maometto, il quale, dopo tre giorni d’astinenza, ricusò il vino e il maiale offertogli dalla malizia degli infedeli per unico nudrimento. La debolezza di parecchi Musulmani, meno coraggiosi, diveniva soggetto di disperazione per quegli implacabili fanatici, e il padre di Amer deplorò in tuono patetico l’apostasia e la dannazione del figlio, che avea rinunciato alle promesse di Dio e alla intercessione del Profeta, per occupare un giorno fra i sacerdoti e i diaconi i più profondi abissi dell’inferno. I più fortunati degli Arabi che sopravvissero alla guerra, perseverando nella fede, furono preservati mercè dell’accortezza de’ loro capitani dal pericolo di far abuso della loro prosperità. Abu-Obeidah non lasciò alle sue truppe che tre giorni di riposo, e, allontanandoli dal contagio de’ costumi di Antiochia assicurò il Califfo, che solo poteano i rigori della povertà e della fatica mantenerli nella religione e nella virtù. Ma la virtù d’Omar sì austera