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ra di Babilonia. Nella guerra d’Affrica era stato distaccato dall’esercito di Abdallah. Alle prime nuove del conflitto fu visto con dodici guerrieri farsi strada in mezzo al campo dei Greci, e senza pigliar cibo o riposo correre a partecipare ai pericoli dei Musulmani. Volgendo gli occhi al campo di battaglia: „Dov’è, diss’egli, il nostro generale? — Nella sua tenda — Il general dei Musulmani dee stare nella tenda quando si combatte?„ replicò Zobeir. Abdallah gli rispose arrossendo quanto preziosa era la vita di un generale, e gli spiegò a quai pericoli lo esponesse il premio promesso dal prefetto Romano. „Rivolgete contro gli infedeli stessi questo artificio poco generoso, gli rispose Zobeir; fate gridare fra le schiere, che chiunque recherà la testa di Gregorio avrà in dono la figlia del Prefetto e centomila pezze d’oro„. Al coraggio e alla prudenza di Zobeir affidò il Luogo-tenente del Califfo l’esecuzione d’uno stratagemma da lui proposto: espediente che fissò in fine della parte dei Saraceni la vittoria per tanto tempo indecisa. Supplendo i Musulmani con l’attività e l’artifizio al difetto del numero, parte dell’armata si tenne nascosta nelle tende, intanto che l’altra tenne a bada il nemico con irregolari scaramuccie, sino al momento che il sole salì al punto più alto del cielo. I guerrieri delle due parti s’erano ritirati oppressi dalla fatica, aveano levate le briglie ai cavalli, e svestiti gli arnesi, e pareva che i due eserciti non pensassero più che a godere del fresco della sera, e aspettassero la domane per tornare alla zuffa. Improvvisamente Zobeir fa dare il segno della carica; il campo degli Arabi riversa un torrente d’armati intrepidi, ed ecco che la lunga linea dei Greci e degli Affricani è colta alla impensata, assalita e sconfitta da