Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/381

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dell'impero romano cap. lii. 375

turba di volontari della Andalusia, malcontenti del clima e del governo di Spagna, se ne andarono per mare in cerca d’avventure, e poichè non aveano che dieci o venti galere furono chiamati corsari. Come sudditi e difensori della parte dei Bianchi, credevano aver dritto d’invadere i dominii dei Califfi Neri. Da una fazione ribelle furono introdotti in Alessandria1; tagliarono a pezzi amici e nemici, posero a sacco le chiese e le moschee, vendettero più di seimila cristiani, e si tennero forti nella capitale dell’Egitto sino al tempo che Almamon piombò su loro col suo esercito. Dalla foce del Nilo sino all’Ellesponto, le isole e le coste, che appartenevano o ai Greci o ai Musulmani, furono esposte alle loro devastazioni. Allettati dalla fertilità della Grecia, e ardenti di voglia di insignorirsene, presto vi ritornarono con quaranta galere. Corsero gli Andalusii quell’isola senza tema e senza ostacolo; ma quando giunsero alla riva per imbarcarvi la preda, videro i lor navili in mezzo alle fiamme, e confessò Abu Caab, loro Capo, sè essere l’autore dell’incendio. Accusato dalle loro grida come stravagante o perfido, „di che vi lagnate? rispose l’accorto Emir. Io vi ho condotto in una terra, ove scorre il latte e il mele. Qui sta la vostra patria. Riposate dalle fatiche, e ponete in dimenticanza i deserti nativi. — E le nostre donne e

    ronio, Annal. eccl., A. D. 827, n. 24 ec.). Ma i Greci moderni rubano sì palesemente, che fra loro si potrebbe citare una folla d’altri autori.

  1. Renaudot (Hist. patriar. Alex., p. 251-256, 268, 270) ha descritto i guasti commessi in Egitto dagli Arabi dell’Andalusia; ma si dimenticò di congiungerli al conquisto di Creta.