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mani dallo stesso pericolo, e mal poteano le lor forze difenderli da un Emir dell’Affrica. Invocarono essi la protezione del Re di Francia che allora dava legge ai medesimi: un distaccamento dei Barbari battè un esercito francese, e Roma ridotta allo stremo, pensava a tornare sotto l’impero del principe che regnava in Bisanzio; ma poteva questo divisamento aver sembianza di ribellione, e troppo lontani e precari erano i soccorsi che ne poteano sperare1. Parve che la morte del Papa, Capo spirituale e temporale della città, fosse un aumento a tanti mali; ma nell’urgenza delle circostanze si abbandonarono le forme e i maneggi ordinari d’una elezione, e la concorrenza dei suffragi a favor di Leone IV2 fu la salvezza del cristianesimo e di Roma. Questo Pontefice era nato Romano. Ardeva ancora nel suo petto il coraggio delle prime età della repubblica, e in mezzo alle rovine della patria teneasi ritto in piedi come una di quelle maestose e ferme colonne, che si vedono sollevare il capo sopra gli avanzi del Foro. Consacrò i primi giorni del suo regno a purificar le reliquie che fu-

  1. Uno dei più eminenti personaggi di Roma (Graziano, magister militum et romani palatii superista) fu accusato per aver detto: Quia Franci nihil nobis boni faciunt, neque adjutorium praebent, sed magis quae nostra sunt violenter tollunt; quare non advocamus Graecos et cum eis faedus pacis componentes Francorum regem et gentem de nostro regno et dominatione expellimus? (Anastasio in Leone IV, p. 199).
  2. Il Voltaire (Hist. générale, t. II, c. 38, p. 124) pare molto colpito dal carattere di Leone IV. Ho usato le sue frasi generali, ma la veduta del Foro mi ha fornito un’immagine più esatta e più viva.