Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/147

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dell'impero romano cap. lvi 141

un capitano e di un uomo di Stato. La statura sua, quella de’ più alti uomini del suo esercito superava: tali ne erano le proporzioni del corpo, che gli davano grazia e vigore ad un tempo; fino anche nel declinar de’ suoi anni gli rimasero, robusta salute capace di sopportare qualunque fatica, e nobiltà di contegno fatta per comandare ad ognuno. Vermiglio in volto, largo di spalle, fornito di lunghi capelli e lunga barba del colore del lino, gli occhi suoi sfavillavano; e la voce, siccome quella di Achille, potea, in mezzo al tumulto d’una battaglia, mantenere l’obbedienza, e diffondere il terrore. Ne’ secoli barbari della cavalleria, troppo rilevanti erano siffatti vantaggi, perchè sfuggir potessero all’attenzione dello Storico, e del poeta. È stato osservato che Roberto usava ad un tempo, e colla stessa maestrìa, e della spada che colla destra mano brandiva, e della lancia che la sua sinistra tenea; che tre volte, venne tratto d’arcione nella battaglia di Civitade, e che, riassunte per tre volte le forze, nel finire di quella memorabil giornata, riportò il premio del valore su tutti i guerrieri di entrambi gli eserciti1. Non mai sazia la sua ambizione, sulla coscienza della propria superiorità la

  1. Citerò alcuni de’ migliori versi del Pugliese (lib. II, pag. 270),

    Pugnat utraque manu, nec lancea cassa, nec ensis
    Cassus erat, quocunque manu deducere vellet.
    Ter dejectus equo, ter viribus ipse resumptis
    Major in arma redit: stimulos furor ipse ministrat.
    Ut leo cum frendens, etc.
    . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
    Nullus in hoc bello, sicuti post bella probatum est,
    Victor vel victus, tam magnos edidit ictus.