Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/343

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dell'impero romano cap. lviii 337

mantennero il loro vigore, e ne’ maomettani turcassi frecce rimasero, Solimano sempre superiore, a quattromila Cristiani fe’ morder la polvere; ma sull’imbrunir della sera all’agilità prevalse la forza: d’ambo le parti eguale era il numero; o almeno trovavansi in ogni luogo tante aste, quante lo spazio ne potea contenere, e i Generali far movere; ma gli ultimi manipoli de’ Provenzali di Raimondo, girando attorno alle colline, e senza forse averlo divisato, presero alle spalle il nemico già stanco, e così decisero d’un esito per sì lungo tempo sospeso: oltre alla moltitudine de’ morti di minor conto che niuno si degnò numerare, tremila cavalieri pagani, quali nella battaglia, quali inseguiti perirono. Saccheggiato il campo di Solimano, oltre al prezioso bottino, offerse anche pascolo alla curiosità de’ Latini, che contemplarono da presso tutte quell’armi e quegli attrezzi stranieri, e i cammelli e i dromedarj, affatto nuovi per essi. Quanto fosse importante quella vittoria, lo provò la precipitosa fuga del Sultano; il quale seguìto da diecimila guardie, avanzi del suo esercito, sgombrò il territorio di Rum, correndo ad implorare i soccorsi, e a riaccendere l’astio de’ suoi compatriotti dell’Oriente. In un cammino di cinquecento miglia, i Crociati trascorsero le devastate campagne, e le deserte città dell’Asia Minore, senza scontrarsi nè in amici, nè in avversarj. Il Geografo1 può delineare

    (l. X, pag. 291). Per un sentimento d’umanità che mal coll’altre cose accordavasi, il Papa si adoperò ad impedire nelle guerre de’ Cristiani l’uso delle balestre.

  1. Il leggitore curioso può far confronto tra la erudizione classica del Cellario, e la scienza geografica del d’Anville.