Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/51

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dell'impero romano cap. liv 45

tuale di preghiere, e rendimenti di grazie, più degno dell’uomo, e meno sproporzionato alla Divinità. Rimane però sempre a sapersi, se questa sublime semplicità alla popolare divozione si adatti; e se l’uom del volgo, al quale ogni oggetto visibile di venerazione sia tolto, sentirà più il religioso entusiasmo, o anzi non cadrà a poco a poco nel languore, e nella indifferenza.

II. La Riforma ha rotta quella catena di autorità1, che impediscono al timorato divoto il pensare da sè medesimo, e allo schiavo il dir quel che pensa: all’atto della Riforma, i Papi, i Padri della Chiesa, e i Concilj non vennero più riguardati come giudici supremi e infallibili della Terra; ed imparò ogni Cristiano a non avere altra legge che la Scrittura, altro interprete che la propria coscienza2.

    stiamo col corpo essendo pure l’uomo un composto d’anima e di corpo: l’unione delle due parti del culto lo rendono perfetto. (Nota di N. N.)

  1. La Chiesa Cattolica vuole che si sia soggetto a questa catena d’autorità; di già la Teologia è fondata sull’autorità. (Nota di N. N.).
  2. La dottrina de’ protestanti lascia interpretare a ciascuno la Sacra Scrittura, ma la dottrina de’ Cattolici ciò proibisce espressamente; nessuno può, secondo la propria privata ragione, interpretarla e intenderla; questo potere spetta soltanto a’ Padri, a’ Papi, a’ Concilj, ed il credente deve sommessamente ammettere soltanto le loro spiegazioni, e rinunciare a quelle che fossero suggerite dallo spirito privato, ch’è da riguardarsi in ciò siccome una petulanza: così decretò due secoli e mezzo sono, il Concilio generale di Trento: „Praeterea ad coescenda petulantia ingenia, decernit, ut nemo suae prudentiae innixus, in rebus fidei, et morum ad aedificationem doctrinae Christianae pertinentium, Sacram Scri-