Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/74

Da Wikisource.
68 storia della decadenza

medesima descrizione, cui accrescono vivacità alcuni tratti da esso tolti agli autori contemporanei. Eccetto le prodezze, e la gloria militare, cotesti Barbari giudicavano vile, e degno di sprezzo, tutto quanto gli altri uomini estimano: la violenza naturale del loro animo acquistava forza dall’orgoglio di trovarsi in molti, e da un sentimento ingenito di libertà. Aveano tende di cuoio: coprivansi di pellicce: si tagliavano i capelli, e si faceano ferite sul volto; lentamente parlavano; operavano prontamente: violavano con impudenza i Trattati, e, non meno di tutti gli altri Barbari, troppo ignoranti per sentire l’importanza della verità, erano poi troppo orgogliosi per negare, o palliare le trasgressioni che, contro gli obblighi più solenni, a sè medesimi permetteano. Alcuni hanno lodata la costoro semplicità; ma in sostanza si asteneano da un lusso che non conoscevano; ansiosi però d’impadronirsi di tutto quanto fermava il lor guardo; insaziabili ne’ lor desiderj, e forniti della sola industria che alla rapina e al ladroneccio appartiene. Questa dipintura di una nazione di pastori, racchiude tutto quanto potrebbe dirsi più partitamente ed estesamente sui costumi, il Governo, il modo di guerreggiare di tutti i popoli allo stesso grado di civiltà pervenuti. Aggiugnerò che gli Ungaresi doveano alla pesca e alla caccia una parte di lor sussistenza, e che, essendo stato osservato che coltivavano di rado la terra, da ciò stesso può inferirsi che ne’ loro nuovi possedimenti abbiano tentata qualche lieve ed informe esperienza di coltivazione. Nelle loro migrazioni, e forse nelle loro spedizioni guerriere, scorgeasi al retroguardo dell’esercito un nugolo spaventoso di polvere, solle-