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libro primo - capitolo nono 275


avrebbe almeno indirettamente favorita l’impresa dell’indipendenza per le ragioni accennate di sopra, e una lega eziandio imperfetta sarebbe stata di qualche pro a salvar gli ordini costituzionali dell’Italia inferiore dall’imminente naufragio. Per la qual cosa da questo solo tratto, messo a riscontro coi casi che avvennero indi a poco, si vede qual fosse la penetrativa del ministro romano e la cieca demenza dei subalpini. Ai quali «non andò ai versi la proposta; ed intanto in Piemonte si dava voce e si stampava che Roma era restia ad italiani accordi»1. Cosí, non paghi di tradire e precipitare la patria nelle ultime miserie, i rettori piemontesi calunniavano l’uomo insigne che faceva ogni opera per salvarla.

L’indegna calunnia accese l’ira del Rossi, che fulminò ai 18 di settembre il governo di Torino con uno scritto2 da cui si raccoglie come quello, mentre ostentava sensi nobili ed italici, sventasse la lega offertagli. «Gl’intoppi — grida il Rossi — incontransi appunto lá dove ogni ragione volea che si trovasse facile consenso e cooperazione sincera. Ed è pur lá (tanto sono i nostri tempi infelici) che odonsi acerbe parole accusanti il pontefice quasi piú non volesse la lega, ch’egli primo immaginava e proponeva. E perché queste accuse? La risposta è semplice, ed è che il pontefice iniziatore della lega non ha ciecamente aderito alla proposta piemontese. Ora, per chi ben legge, a che tornava questa proposta? A questo: decretiamo la lega in genere; mandateci uomini, armi e danari; poi, tostoché sia possibile, i plenipotenziari dei collegati si riuniranno in Roma per deliberare sulle leggi organiche della lega»3 . Ma a che fine chiedeva il Piemonte danari, armi e uomini? Certo per ripigliare la guerra. Un tal eccesso di zelo italico nato ad un tratto nei ministri della mediazione dee far trasecolare i lettori. Ma io discorro cosí: o essi credevano che il papa fosse per assentire o no. Nel primo caso erano pazzi da catena, imperocché dopo

  1. Farini, op. cit., t. ii, p. 378.
  2. Il Farini lo riporta distesamente (ibid., pp. 379, 384).
  3. Ibid., p. 379