Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 1, 1911 - BEIC 1832099.djvu/343

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libro primo - capitolo decimo 337

essere autonomo; ma ora aggiungo che può rendersi tale, purché osi sprigionarsi dall’egoismo municipale e aspiri di nuovo alla comunanza, ché il solo proposito efficace di questa sará valevole a restituirgli quel bene che giá gli diede e che egli ha perduto per propria colpa. Vedremo a suo luogo in che modo questo si possa fare. Ma se si predica al Piemonte di sperar bene senza l’Italia, è come se un astronomo esortasse la luna a star di buona voglia, ancorché la terra, che è il centro della sua orbita, andasse in fascio. A coloro poi che lo stimano infermo e in pericolo per altre cause affatto secondarie, si può dire come al tisico che si doleva del patereccio: — Amico, il tuo male non è nell’unghia. — Ho parlato solo della libertá e della monarchia rappresentativa, che sottostanno alla cultura d’importanza e di pregio, avendo esse verso di questa la proporzione dei mezzi col fine. Ma mi riserbo altrove a mostrare come il Piemonte appartato sia inetto egualmente alla maggior parte dei progressi civili e ai frutti della vita libera, onde apparisca sempre meglio quanto sia assurdo e malefico il dogma municipale.

V. Gioberti, Del rinnovamento civile d’Italia - i. 22