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libro secondo - capitolo quarto | 327 |
basterebbe a difenderle. E nelle congiunture straordinarie non si dee star pago ai mezzi consueti, bisognando nei pericoli insoliti rimedi e amminicoli disusati. «Nelle guerre di nazionalitá e d’indipendenza ogni cittadino atto alle armi dee essere soldato e correre al campo o almeno apparecchiarsi a difendere la cittá, il borgo, il casale che abita, se il mestiero o la professione che ci esercita è strettamente necessaria alla vita. lutai modo sempre si fecero le guerre d’indipendenza: cosi le fecero (per tacer degli antichi) gli olandesi, gli sveci, gli americani, i francesi, gli spagnuoli, i greci moderni; e sarebbe ridicolo il dire che quanto venne eseguito con prospero successo da tanti popoli non possa effettuarsi dagl’italiani. Se i piemontesi non volevano una guerra di tal sorte, non dovevano passare il Ticino, né parlare di regno e di nazionalitá italica, né maledire il Tedesco sulle loro gazzette e colle loro canzoni ; ma poiché tutto questo si è fatto, non possono tornare indietro sotto pena d’infamia»1. A queste ragioni se ne aggiunge ora una nuova: che senza provvisioni non ordinarie la libertá e la monarchia corrono grave rischio. Il quale nasce dalle condizioni universali di Europa, a cui il Piemonte non può sottrarsi se giá non muta luogo e tempo, come a dire tornando a vivere in qualcuno de’ secoli passati o trasferendosi nell’Oceania. Né si tratta di uno sforzo impossibile benché insueto, avendo esso avuto luogo ogni volta che mediante l’egemonia guerriera un popolo fu il principio generativo di una nazione.
- ↑ I due programmi ari ministero Sostegno (Operette politiche, t. iii, pp, i89, i90).
piú un paese è piccolo rispetto ai paesi che lo circondano, tanto piú il governo debbe pensare a premunirlo contro i pericoli di un’invasione: e però le piccole potenzemal possono tutelare la loro indipendenza senza mantenere un esercito permanente, il cui rapporto colla popolazione sia sensibilmente maggiore di quello che rinviensi presso le grandi nazioni e senza ordinare una numerosa riserva. Le quali osservazioni possono per lo appunto applicarsi al Belgio e al Piemonte, piccole potenze che offrono molta analogia di condizione. Ora, diciam noi, se il Belgio, paese fertile e ricco, con quattro milioni di abitanti ha potuto in questi ultimi tempi mantenere per piú anni un esercito di settantamila uomini, e successivamente uno di circa qtiarantasettemila, perche il Piemonte, paese ugualmente (citile e ricco, con una popolazione di quattro milioni seicentocinquantamila abitanti, non potrebbe tener in piedi un esercito eli cinquantaquattromila uomini?» (ibid. pp. 2i, 22).