Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/132

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mai letteratura moderna sua propria, e non avendo letteratura moderna propria, non sará mai piú nazione. Dunque l’efTetto, ch’io vorrei principalmente conseguire, si è che gli scrittori italiani possano esser filosofi inventivi e accomodati al tempo, che insomma è quanto dire scrittori e non copisti, né perciò debbano quanto alla lingua esser barbari ina italiani. Il qual effetto molti se lo sono proposto, nessuno l’ ha conseguito, e nessuno, a parer mio, l’ha sufficientemente procurato. Certo è che non lo potrá mai conseguire quel libro che oltre all’esortare non dará notabile esempio, non solamente di buona lingua ma di sottile e riposta filosofia, né solamente di filosofia ma di buona lingua, ché Peffetto ricerca ambedue questi mezzi»! 1 ). Altrove, toccando il carattere che conviene al nuovo stile, egli desidera che, «essendo classico e antico, paia moderno e sia facile a intendere e dilettevole cosi al volgo come ai letterati» ( 2 ). E in vero una letteratura non può essere nazionale se non è popolare; perché, se bene sia di pochi il crearla, universale dee esserne l’uso e il godimento. Oltre che, dovendo ella esprimere le idee e gli affetti comuni e trarre in luce quei sensi che giacciono occulti e confusi nel cuore delle moltitudini, i suoi cultori debbono non solo mirare al bene del popolo ma ritrarre del suo spirito; tanto che questo viene ad essere non solo il fine ma in un certo modo eziandio il principio delle lettere civili. E vedesi col fatto che esse non salgono al colmo della perfezione e dell’efficacia se non quando s’incorporano e fanno, come dire, una cosa colla nazione: né per altro io credo che l’antica letteratura greca sovrasti a tutte di eccellenza, se non perché ella seppe immedesimarsi meglio di ogni altra col popolo che la possedeva; cosicché, laddove essa era veramente pubblica, quelle d’oggi a suo rispetto si possono chiamar «private». Ché se la nostra, la quale «giá fu la prima di Europa, oggi è poco meno che l’ultima quanto alle parole e quanto alle

(1) Epistolario , t. i, pp. 229, 230.

(2) Ibid., p. 168.