Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/89

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all’Italia, i quali occuparono tutta sino all’estremo la sua vita affannosa ed animarono tutte le sue scritture: che Italia si formasse unita e potente, e che dalle cure di questo mondo mortale si tenessero affatto separati i santi, che si professano maestri ed esempio di cercare solamente le cose celesti. Ed è pur lode massima dell’ incomparabile poeta e magnanimo cittadino, ch’egli, da si alto e si lontano guardando, si ardentemente e costantemente bramasse le due cose che dopo lui per cinquecento anni furono continuato desiderio degl’italiani. E la sua gloria si conferma e si amplifica dal considerare quanto era difficile a conseguirsi ciò che egli in tanta confusione e miseria de’ suoi tempi vedeva necessario e prevedeva, quando che fosse, futuro; tanto necessario e insieme tanto difficile, che ogni generazione dovesse volerlo, e il tanto volere anche di molti vi potesse ben poco, giacché nelle cose umane hanno gli uomini minor potere che non dagl’imprudenti si stima» b). Dottrina tanto piú maravigliosa quanto che, nel periodo che allora spirava, la dittatura papale era stata, non che necessaria e scusabile, ma necessaria e lodevole, atteso la condizione propria delle etá barbare, nelle quali il compito civile non può essere fornito che dal sacerdozio (*). L’Alighieri adunque non guardò al passato ma al futuro, di cui ebbe l’antiveggenza e gittò la base, conciossiaché il carattere precipuo della modernitá e la precedenza della sua cultura versano appunto nell’emanceppazione compiuta del ceto secolaresco. La quale è indivisa dal componimento civile della nazione, atteso die nazione e laicato sono tutt’uno; e ogni nazione è non solo secolare di sua natura, ma fornita di quella virilitá matura che non si contiene nel sacerdozio, destinato a bailire e allevare i popoli infanti, e quindi ritraente nella sua nativa temperie del genio muliebre e senile.

Ma, esautorando il re sacerdote, Dante fu devotissimo al pontefice; e non per altro la scuola politica da lui fondata scapitò di credito e di efficacia nei tempi seguenti, se non per aver

(1) Giordani, Opere, t. 11, p. 220.

(2) Consulta il Primato e i Prolegomeni.