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92 Cecco grullo


loro, e lo conducevano alle feste, e Cecco qua, Cecco là; pareva che tutti gli volessero un gran bene e che senza di lui non potessero stare.

E la sua ragione c’era. Cecco per farsi ben volere, e perchè aveva il cuor bono, pagava il bicchierino a tutti, fossero stati anche cento; se uno gli chiedeva un franco, non c’era caso che glie lo negasse: se arrivava in un giuoco di palle gli dicevano: — Cecco si deve fare una partita? — Lo facevano giuocare, e siccome facevan tutti la cordellina, in un momento gli cantavano il quare me repulisti. Non c’era pericolo no, che a casa ne riportasse mai uno. Ma anche a perdere era contento; gli bastava di essere carezzato.... Chi lo sa? Secondo me gli pareva d’essere il Sindaco, e non s’avvedeva che invece lo corbellavano fine fine.

Quando passava qualche bella ragazza, i compagni lo toccavano nel gomito e gli dicevano:

— Quel che vuol dire esser belli! Vogliono tutte te. Hai visto come ti ha guardato?.... Ma che ci hai qualcosa?

E Cecco rideva tutto contento, come se fosse stato vero. Dentro di sè forse credeva che tutte le ragazze fossero sue e che poi non avesse dovuto far che scegliere.

E le ragazze che lo sapevano, quando gli passavan d’accosto, gli ridevano in faccia.