Pagina:Giovanni Magherini Graziani Masaccio ricordo delle onoranze.djvu/182

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l’occasione ed il momento di misurare la sua forza su pareti spaziose esposte agli occhi di popolo numeroso ed intelligente; e ciò non tanto per seguire la propria inclinazione d’imitar la natura con sincerità di studio e di osservazione, quanto per acquistar fama universale, inaugurando così, prima che al Carmine, l’arte del ritratto ed introducendo vivi e riconoscibili personaggi nelle storie religiose.

L’affresco sovrabbonda di franca robustezza: v’è già la grandiosità solenne dell’arte monumentale, v’è tradotto, quasi effetto d’inconsapevole sincerità, l’interno senso di smania rinnovatrice che padroneggiava lo spirito del pittore, affermante la sua essenza e la sua personalità in un’apparizione piena di altera noncuranza, che impone, attrae e fa pensare1. Probabilmente l’artista dipinse nel tabernacolo il San Michele perché a Montemarciano, e forse nello stesso luogo del tabernacolo, era una antica chiesa dedicata appunto all’Arcangelo, con un piccolo Spedale annesso, trasferito circa la metà del secolo XIV (1346) presso la chiesa di S. Silvestro a Renaccio 2. E del suo Castel San Giovanni lasciò forse il ricordo nella maschia figura del Precursore, ed anche più nel serio aspetto della Madre Divina, ove traspare un riflesso della severità dell’immagine posta a custodia della torre di San Lorenzo, e

  1. Esaminando l’affresco vengono alla mente le parole del Müntz (Histoire de l’Art pendant la Renaissance, Vol. I, 689): «Il n’y a que les artistes supérieurs pour produire une impressìon si profonde avec des moyens aussi élementaires».
  2. Repetti, III, 423, e IV, 742.