Pagina:Giovanni Magherini Graziani Masaccio ricordo delle onoranze.djvu/66

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natura, perché manifestasse appieno il rigoglio, la forza, il carattere delle cose; e l’umanità trionfò nell’arte di Masaccio, riebbe le sue proporzioni sopra uno sfondo monumentale, respirò, liberamente si mosse, e altamente pensò.

Firenze attonita segnò la cappella Brancacci come il sacrario dell’arte nuova. E là, soggiogati dall’eloquenza di Masaccio invocammo che la storia ci dica sicura della mano che colori meraviglie; così come invocammo a Bremen, tra le brume del nord, quando ci apparve, nella Kunsthalle, la visione del nostro cielo, del nostro sole, in un’anconetta di Masaccio, già ornamento della stanza nuziale d’una donzella fiorentina. Sarà possibile che il vóto s’adempia, nonostante la dispersione e il guasto delle cose belle che nacquero nelle prime decadi del Quattrocento? Se sì, vedremo certo balenare una verità: Masolino e Masaccio, come i fratelli Van Eyck nelle lontane Fiandre, all’esordio dell’arte moderna, dissero l’ultima parola.