Pagina:Giuseppe Grassi - Saggio intorno ai sinonimi della lingua italiana (1821).djvu/38

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«......Oggi, la quercia antica,
Dove spandea già rami alteri all’aura,
Innalzerà sue squallide radici

Non è egli più naturale il dire le barbe della rosa, le barbe dell'ellera, che non le barbe del rovero, o del cedro? E chi dicesse le radici della rosa, e dell’ellera, e le barbe del frassino o dell’olmo non peccherebbe egli contro la proprietà dei due vocaboli?

Toccò di questa differenza un gentile scrittor toscano, l’Alamanni, il quale nel suo poema della coltivazione dice:

»Come sia il mezzo ottobre zappi e smuova
»La terra in giro, e le radici scuopra
»Della vite gentil; e quante truova
»Picciole barbe in lei, che non più addentro
»D’un piede e mezzo sien, col ferro ardito
»Le taglie e spenga;»

Aggiungi, che radice s’adopera con forte traslato per la parte più bassa d’una montagna, onde si dice la radice d’ un monte, e non si potrebbe dire le barbe, o la barba d’un monte.

Vero è bene, che ne’ derivati abbarbarsi e abbarbicarsi, presi nel senso metaforico di piantar la sede, la dimora in alcun luogo, i significati sopraccennati vengono più facilmente a