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fisico, altre ne abbiamo che non possiamo verificare in questo, sebbene esse siano logicamente possibili.

A queste appartiene la geometria non-archimedea, che, dapprima attaccata o non curata, ora si va ammettendo dai matematici, ma non è ancora discussa da filosofi, i quali pur tanto si occuparono dell’infinito e dell’infinitesimo attuali. Le nostre misure pratiche infatti non ci condurranno mai fuori del campo finito.

Così è della geometria degli spazi a più di tre dimensioni, compresi tutti in uno spazio generale di un numero infinito di dimensioni perchè per mezzo dei nostri sensi constatiamo che lo spazio fisico, o intuitivo, ha tre sole dimensioni, volgarmente chiamate larghezza, lunghezza, altezza o profondità.

L’ipotesi che fuori dello spazio geometrico a tre dimensioni, detto ordinario, esista un punto, fu molto discussa e diede luogo così a giudizi errati come a fantasie pericolose alla scienza. Urta infatti contro la nostra intuizione l’ammettere che il punto sia un oggetto reale fuori dello spazio fisico, perchè tutti gli oggetti che noi osserviamo sono in questo spazio, come ogni numero, che noi costruiamo coll’aggiungere successivamente un’unità ad un’altra unità, è sempre finito e compreso nella serie dei numeri interi finiti, detti numeri naturali.

Ma, come possiamo concepire questa serie quale un tutto già costruito e dato al pensiero, e possiamo aggiungere a questo tutto un’altra unità, non compresa nella serie stessa, formando i numeri transfiniti di G. Cantor, così si può concepire astrattamente come dato lo spazio geometrico a tre dimensioni e fuori di esso un punto. Se si