Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/192

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Prima il consigliere titolare traversò parecchie vie mal rischiarate, che parevano tutte deserte, ma più s’avvicinava all’abitazione del suo superiore, più le vie divenivano brillanti e animate. Incontrò un numero incalcolabile di passanti vestiti all’ultima moda, di belle signore e di signori che avevano dei colletti di castoro. Le slitte di contadini con le panche di legno diventavano sempre più rare, e ad ogni istante scorgeva cocchieri con berrette di velluto, che conducevano slitte di legno verniciato, guernite di pelle d’orso, o splendide carrozze.

Era pel nostro Akaki uno spettacolo assolutamente nuovo. Da molti anni non era uscito di casa. Si fermò curiosamente innanzi a un mercante d’oggetti d’arte. Un quadro attirò più degli altri la sua attenzione. Era il ritratto di una donna che levava la scarpa mostrando il piccolo piede a un giovinotto, con gran mustaccchi e gran favoriti, che guardava per la porta socchiusa.

Dopo essersi fermato un istante a considerare questo ritratto della scuola francese, Akaki Akakevic crollò il capo e proseguì la sua via sorridendo. Perchè dunque sorrideva? Era a causa dell’originalità del soggetto? Oppure, perchè pensava, come la maggior parte dei suoi colleghi, che i francesi hanno talvolta delle idee bizzarre? Oppure non pensava a nulla? Infatti è molto difficile legger nel cuore della gente per saper ciò che pensa.

Eccolo finalmente giunto alla casa dov’è invitato. Il suo superiore è alloggiato da gran signore; alla porta vi è una lanterna, ed egli occupa tutto il secondo piano. Quando il nostro Akaki entrò, vide una lunga fila di galoscie; al muro erano appesi i mantelli, molti dei quali guerniti con colli di velluto o pelliccia. Nella stanza vicina si faceva un rumore confuso, che divenne un po’ più distinto quando un domestico aprì la porta e uscì dalla sala con un vassoio pieno di tazze vuote, d’un vaso da latte e una cesta di biscotti. Gli invitati dovevano esser riuniti da molto e avevano già vuotato la prima tazza di tè.

Akaki appese l’uniforme all’attaccapanni e si diresse verso la stanza, dove i suoi colleghi, armati di lunghe pipe, erano aggruppati intorno a un tavolo da giuoco e facevano del chiasso.

Egli entrò, ma rimase inchiodato sulla soglia dell’uscio non sapendo che fare; i suoi colleghi lo salutarono con allegre grida e accorsero nell’anticamera per ammirare la