Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/133

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TARAS BUL'BA

dianti la città, che ad una morte atroce era destinata lei stessa con tutta la città... e i suoi occhi a un tratto si empirono di lagrime. Ella prese in fretta un fazzoletto ricamato in seta e se lo gettò sul volto; in un minuto, esso fu tutto bagnato. Per un pezzo ella rimase a sedere tenendo riverso indietro il suo bellissimo volto, stringendo coi denti candidi come neve il suo labbro inferiore incantevole — come se avesse improvvisamente sentito il morso di un rettile velenoso e senza togliersi dal viso il fazzoletto, acciocché egli non vedesse la sua pena desolata.

— Dimmi una parola! — disse Andrea, e le prese la mano vellutata. Un fuoco fiammeggiante corse per le vene del giovine a quel contatto, ed egli strinse quella mano, che rimaneva insensibile nella sua.

Ma ella taceva e non si toglieva dal viso il fazzoletto e restava immobile.

— Perché sei cosí addolorata? Dimmelo, perché sei cosí addolorata?

Ella gettò via lontano da sé il fazzoletto, ravviò i lunghi capelli che le erano caduti sugli occhi dalla folta chioma, e si diffuse tutta in parole di lamento, pronunziandole con una voce quieta quieta, come quando il vento levatosi in una sera incantevole corre a un tratto in mezzo


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