Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/151

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TARAS BUL'BA

padre, il fratello non è piú fratello, il camerata non è piú camerata, e che io mi batterò con essi tutti; con tutti mi batterò.»

— Tu menti, ebreo del diavolo! — urlò Taras, fuori di sé. — Tu menti, cane! Tu mettesti anche Cristo in croce, uomo maledetto da Dio! Io ti ucciderò, Satana! Lèvati di qui; altrimenti qui avrai la morte!

E dicendo questo, Taras mise mano alla sciabola. L’ebreo atterrito se la diede a gambe, correndo per quanto glielo permettevano i suoi polpacci magri e smunti. E correva da un pezzo, senza voltarsi addietro, tra le file dei cosacchi e lontano, sul terreno sgombro, mentre Taras non pensava affatto a inseguirlo, avendo riflettuto che non è ragionevole far pagare al primo che capita la propria collera.

Adesso si ricordò che la notte avanti aveva veduto Andrea passare per il campo con una donna, e abbassò il suo capo canuto, e ancora non voleva credere che potesse avverarsi al mondo un’azione cosí infame, e che il suo figlio carnale avesse venduto la fede e l’anima sua.

Infine condusse il suo reggimento all’agguato, e con esso si nascose dietro il bosco, il solo che i Saporogini non avevano ancora incendiato. Intanto i cosacchi, e a piedi e a cavallo, per tre vie si diressero verso le tre porte. Mar-


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