Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/190

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GOGOL

che sia, ma con tutto ciò che Dio ti ha dato e che si trova in te — ah... — e dicendo questo, Taras gesticolava con la mano e scuoteva il capo canuto, e faceva tremare i suoi baffi; e aggiunse: — No, amare cosí non può nessuno! So bene che oggi le cose vanno male nella nostra terra: pensano soltanto ad avere i loro mulini, i loro fienili, le loro mandre di bestiame, e che restino intatte nelle cantine le loro botti suggellate piene d’idromele; prendono sa il diavolo quali usanze pagane; detestano la propria lingua; i fratelli non vogliono parlare coi fratelli; il fratello vende il fratello come la merce inanimata si vende in un mercato. Il favore d’un re straniero, anzi neppure d’un re, il meschino favore di un magnate polacco che li percuote sul muso con la sua gialla pantofola, è per loro piú caro di qualsiasi fratellanza. Ma perfino l’ultimo sguattero, quale che sia, anche se si è tutto voltolato nella fuliggine e nella servilità; pure anch’egli ha, signori, la sua briciola di sentimento russo, e questo sentimento si ridesterà quando che sia — ed egli, meschino, si percuoterà con le mani da sé nei fianchi, si prenderà tra le mani la testa, maledicendo ad alta voce la sua vita abbietta, e sarà pronto a riscattare con fatiche e pene la sua condotta


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