Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/198

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GOGOL

rebbe stato un cosacco addirittura meraviglioso. Una volta compiva una tale impresa, che un altro non avrebbe neppure pensata; ma un’altra volta era una pazzia quella che sopraffaceva il cosacco. Bevendo e divertendosi consumò tutto quello che aveva, s’indebitò con tutti nella Sjec e per giunta si mise a rubare come un ladro di strada: una notte asportò da una kurjenja estranea tutta un’armatura cosacca e andò a impegnarla all’osteria. Per questa azione ignominiosa fu messo nel bazar, legato a una colonna, e gli posero accanto un randello, acciocché ognuno nella misura delle sue forze gli assestasse un colpo; ma non si trovò fra tutti i Saporogini uno che sollevasse il randello contro di lui, ricordando le sue passate benemerenze. Un cosacco di tal fatta era Mosij Scilo.

— Ecco qui, ce ne sono di quelli capaci di accopparvi, cani! — gridò egli lanciandosi sull’avversario.

E già si battevano entrambi! Gli spallacci e i giustacuori ad entrambi si piegavano sotto i colpi. Il nemico polacco ruppe a Scilo la maglia di ferro, penetrando con un fendente fino alle carni: si tinse di rosso la maglia del cosacco. Ma Scilo non ci badava, e levò in alto il suo braccio nervoso (un braccio pesante e massiccio) e tirò un colpo al capo dell’avversario in


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