Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/209

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TARAS BUL'BA

sulla fronte, divampa come fiamma, furente salta dal banco e si lancia dietro al compagno atterrito, ed è pronto a farlo a pezzi, e ad un tratto si urta nel maestro che ritorna in classe: in un attimo s’arresta lo slancio furioso e la rabbia cade giú sfinita. Allo stesso modo, in un attimo finí, come se non ci fosse mai stato, tutto l’impeto rabbioso di Andrea. E non vide innanzi a sé altro che il solo suo terribile padre.

— Ebbene, che abbiamo da fare adesso? — disse Taras guardandolo fiso negli occhi. — Di’, figliuolo, ti hanno aiutato i tuoi Ljachi?

Andrea non rispose.

— Tradire cosí! tradire la fede? tradire i tuoi? Fermati qui, scendi da cavallo!

Tutto umile, come un bambino; si lasciò andare giú dal cavallo e si fermò, né vivo né morto, innanzi a Taras.

— Sta’ lí e non ti muovere! Io ti misi al mondo, io ti ucciderò — disse Taras, e, fatto un passo indietro, si tolse di spalla il fucile.

Bianco come un cencio di tela fine, era lí Andrea; si vedeva che egli muoveva pian piano le labbra e pronunziava un nome; ma non era il nome della patria, o della madre o del fratello: era il nome della bellissima polacca. Taras sparò.

Come una spiga di grano recisa dalla falce,


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