Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/217

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TARAS BUL'BA

per un mese gli fece bere svariate pozioni, e da ultimo Taras cominciò a migliorare. O fosse la medicina, o la sua vigoria di ferro che riprendesse il sopravvento, fatto è che in un mese e mezzo egli si rimise in piedi; le ferite si chiusero, e solo alcune cicatrici di sciabolate facevano intendere quante profonde ferite avevano un giorno coperto il corpo del vecchio cosacco. Vero è che egli era diventato melanconico e triste. Tre rughe profonde s’erano incavate nella sua fronte, e non scomparvero piú. Ora, egli cominciò a guardarsi attorno: tutto era nuovo nella Sjec; gli antichi camerati erano tutti morti. Neppure uno ormai di coloro che si erano battuti per il diritto, per la fede e per la fratellanza! Anche quelli che col Koscevoj s’erano diretti a inseguire i Tartari, anche quelli non c’erano piú da un pezzo; tutti ci avevano rimesso la testa, tutti erano periti: chi perdendo la vita onoratamente nella battaglia, chi sfinito dalla sete e dalla fame in mezzo alle saline di Crimea; e chi era morto nella prigionia, non resistendo al disonore, e lo stesso Koscevoj di prima non era piú da un pezzo tra i vivi, e non c’era alcun altro dei suoi vecchi camerati, e già da tempo era cresciuta l’erba sopra quella già cosí fervida forza cosacca. Egli udí soltanto che c’era stato un grande banchetto, una rumo-


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