Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/328

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GOGOL

stato facile passare dall’una all’altra attraverso la siepe; ma Ivan Ivanovic passò per la strada. Da quella strada fu necessario voltare in un vicolo, tanto stretto che, se capitava che vi si incontrassero due carretti a un cavallo, non era possibile che passassero tutti e due, e restavano cosí uno di fronte all’altro fino a che, presili per le ruote posteriori non si trascinavano ciascuno al lato opposto sulla strada; il pedone poi s’infiorava tutto con le lappe che crescevano ai due lati del vicolo presso i recinti. In quel vicolo riuscivano da un lato il fienile d’Ivan Ivanovic, dall’altro il granaio, il portone e la colombaia di Ivan Nikiforovic. Ivan Ivanovic si accostò al portone, e suonò il campanello; di dentro si levò un latrato di cani; ma la muta dal pelo variato, presto tornò indietro di corsa, dimenando le code, avendo visto che si trattava di una persona conosciuta. Ivan Ivanovic traversò il cortile, in cui offrivano un variato spettacolo i tacchini allevati da Ivan Nikiforovic con le proprie mani, le bucce dei cocomeri e dei poponi, in un posto erbaggi, in un altro una ruota rotta o un pezzo di cerchione, o ragazzini rotolantisi per terra con le camicie imbrattate: un quadro di quelli cari ai pittori! L’ombra dei panni appesi alla corda copriva quasi tutto il cortile e gli comunicava un non


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