Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu/425

Da Wikisource.

LA BANCAROTTA 371


SCENA II.

Leandro, poi il conte Silvio, poi Brighella.

Leandro. E pure, in mezzo alla consolazione di rivedermi nel mio negozio, mi dà pena il pensare che, per ragione del credito mio anteriore e per quello di mia matrigna, abbiano a perdere i creditori. Ma se il Cielo mi darà fortuna, protesto di volere soddisfar tutti. Spero che mio padre cambierà il sistema di vita che ha menato finora, e aiuterà il negozio a risorgere colla pratica e coll’attenzione. Potrei escluderlo dal maneggio, ma il rispetto che ho per lui non me lo permette.

Silvio. Oh, signor Leandro, vi riverisco.

Leandro. Servidore di vossignoria illustrissima.

Silvio. Mi rallegro di rivedervi in bottega.

Leandro. Grazie alla bontà del signor conte.

Silvio. Avete accomodato i vostri interessi?

Leandro. Per ora si sono accomodati alla meglio; ma spero in avvenire che tutti saranno soddisfatti e contenti.

Silvio. Avete bene assortito il vostro negozio?

Leandro. Sufficientemente per poter servire chi ci onorerà comandarci.

Silvio. Avete di queste stoffe moderne di Francia, che diconsi Peruviane1?

Leandro. Di Francia non ne abbiamo, signore, ma bensì di quelle dello stato nostro, lavorate principalmente in Vicenza, che sono belle quanto quelle di Francia, e ben passate, e di buona seta, e di vaghi colori, che costano meno e fanno ancora miglior riuscita.

Silvio. Lasciatemene veder qualche mostra.

Leandro. Appunto, eccone qui tre pezze sul banco. Veda se alcuna di queste può soddisfarla.

Silvio. Per dire la verità sono vaghissime, e come dite voi, i fiori sono assai ben passati ed hanno corpo, e i colori sono bene distribuiti. Questa mi piace più delle altre. Staccatene venti braccia per farmi un abito intero.

  1. Stoffe tessute con fili a due colori.