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462 ATTO SECONDO


Beatrice. Io non ho un paolo, e quello che giuoca meco non ha un baiocco1. Signor Lelio, la servo.

Lelio. Mi confonde e mortifica.

Ottavio. Fatemi dunque un piacere; datemi un anello, un abito, qualche cosa.

Beatrice. Voglio darvi il diavolo che vi porti: pensate a farmene della roba, e non a mangiarmene.

Ottavio. Vi farò tutto ciò che volete. Ma, per amor del Cielo, non mi levate la mia fortuna.

Beatrice. Eh, che se siete pazzo voi, non sono pazza io. Sono sei anni che andate distruggendovi con queste belle speranze.

Ottavio. Ma questa volta sicuro...

Beatrice. Io non vi voglio dar niente.

Ottavio. Non mi fate andar in collera. (alterato)

Beatrice. Che andar in collera? che minacciarmi? Uomo senza giudizio. Non so chi mi tenga, che io non faccia una risoluzione2. Andatemi via di qua. In sei anni ch’io sono vostra moglie, m’avete mangiato sedicimila lire; ed ora vorreste consumare questi quattro stracci. Giuro al Cielo...

Ottavio. Zitto. Sei anni, sedicimila lire, quattro stracci. Quattro, sei e sedici: vado a giocar questo terno. (parte)

SCENA V.

Beatrice, Lelio, poi Diana.

Beatrice. (Mi fa ridere a mio dispetto). (da sè)

Lelio. Deh ricomponete, o madama, gli spiriti tumultuanti3.

Beatrice. Compatite, di grazia, la mala opera che ho commessa. Frenar gl’impeti della collera non è in nostro arbitrio.

  1. Segue nelle edd. Bettin. e Paper.: «E poi volete ch’io vi dica? questa non è la maniera di trattar civilmente. Vedo che la passione del lotto ci accieca. Il marito ha da far capitale sul giuoco della moglie? mi meraviglio di voi. On. Avete ragione; zitto, zitto. Beatr. Signor Lelio, la servo. Lel. Lei mi confonde ecc.
  2. Bettin. e Paper.: ch’io non faccia una qualche bestialità.
  3. Bettin. e Paper.: gli ondeggianti spiriti del tumultuante vostro individuo.