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IL SERVITORE DI DUE PADRONI 543


me sorte, coi Bergamaschi onorati. (a Pantalone con collera) Quella giovine, a so tempo se parleremo. (a Smeraldina, e parte)

Clarice. (Silvio mio, tremo tutta). (piano a Silvio)

Silvio. (Non dubitate; in qualunque evento sarete mia). (piano a Clarice)

Dottore. Ora ci chiariremo della verità.

Pantalone. Pol vegnir qualche baronato a darme da intender delle fandonie.

Brighella. Mi, come ghe diseva, sior compare, l’ho conossudo el sior Federigo; se el sarà lu, vederemo.

Smeraldina. (Eppure quel morettino non ha una fisonomia da bugiardo. Voglio veder se mi riesce...) (da sè) Con buona grazia di lor signori. (parte)

SCENA III.

Beatrice in abito da uomo, sotto il nome di Federigo, e detti.

Beatrice. Signor Pantalone, la gentilezza che io ho ammirato nelle vostre lettere, non corrisponde al trattamento che voi mi fate in persona. Vi mando il servo, vi fo passar l’ambasciata, e voi mi fate stare all'aria aperta, senza degnarvi di farmi entrare che dopo una mezz’ora?

Pantalone. La compatissa... Ma chi xela ela, patron?

Beatrice. Federigo Rasponi di Torino per obbedirvi. (tutti fanno atti d’ammirazione)

Brighella. (Cossa vedio? Coss’è sto negozio? Questo non l'è Federigo, l’è la siora Beatrice so sorella. Vôi osservar dove tende sto inganno). (da sè)

Pantalone. Mi resto attonito... Me consolo de vederla san e vivo, quando avevimo avudo delle cattive nove. (Ma gnancora1 no ghe credo, savè). (piano al Dottore)

Beatrice. Lo so: fu detto che in una rissa rimasi estinto. Grazie al cielo, fui solamente ferito; e appena risanato, intrapresi il viaggio di Venezia, già da gran tempo con voi concertato.

  1. Zatta: ancora.