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IL SERVITORE DI DUE PADRONI 577


SCENA IX.

Silvio 'solo.

Sì, che Clarice è infedele, 1 e col pretesto di un giuramento affetta di voler celare la verità. Ella è una perfida, e l’atto di volersi ferire fu un’invenzione per ingannarmi, per muovermi a compassione di lei. Ma se il destino mi fece cadere a fronte del mio rivale, non lascierò mai il pensiero di vendicarmi. Morirà quell’indegno, e Clarice ingrata vedrà nel di lui sangue il frutto de’ suoi amori. (parte)

SCENA X.

Sala della locanda con due porte in prospetto e due laterali.

Truffaldino, poi Florindo.

Truffaldino. Mo gran desgrazia che l’è la mia! De do padroni nessun è vegnudo ancora a disnar. L’è do ore che è sonà mezzo zorno, e nissun se vede. I vegnirà pò tutti do in una volta, e mi sarò imbroiado; tutti do no li poderò servir, e se scovrirà la faccenda2. Zitto, zitto, che ghe n’è quà un. Manco mal.

Florindo. Ebbene, hai ritrovato codesto Pasquale?

Truffaldino. No avemio dito, signor, che el cercherò dopo che avremo disnà?

Florindo. Io sono impaziente.

Truffaldino. El doveva vegnir a disnar un poco più presto.

Florindo. (Non vi è modo ch’io possa assicurarmi se qui si trovi Beatrice). (da sè)

Truffaldino. El me dis, andemo a ordinar el pranzo, e pò el va fora de casa. La roba sarà andada de mal.

Florindo. Per ora non ho volontà di mangiare. (Vo’ tornare


  1. Nelle edd. Paper., Bettin. ecc.: Confessa essere stata da solo a sola con Federigo, e col pretesto ecc.
  2. Paper. e Bettin.: fazzenda; Savioli: facenda.


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