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592 ATTO SECONDO


Smeraldina. Anzi vuol dir, sì certissimo.

Truffaldino. Anca mi son putto.

Smeraldina. Io mi sarei maritata cinquanta volte, ma non ho mai trovato una persona che mi dia nel genio.

Truffaldino. Mi possio sperar de urtarghe in te la simpatia?

Smeraldina. In verità, bisogna che io lo dica, voi avete un non so che... Basta, non dico altro.

Truffaldino. Uno che la volesse per muier, come averielo da far?

Smeraldina. Io non ho nè padre, nè madre. Bisognerebbe dirlo al mio padrone, o alla mia padrona.

Truffaldino. Benissimo, se ghel dirò, cossa dirali?

Smeraldina. Diranno, che se sono contenta io...

Truffaldino. E ela cossa dirala?

Smeraldina. Dirò... che se sono contenti essi1...

Truffaldino. Non occorr’altro. Saremo tutti contenti. Deme la lettera, e co ve porterò la risposta, discorreremo.

Smeraldina. Ecco la lettera.

Truffaldino. Savìu mo cossa che la diga sta lettera?

Smeraldina. Non lo so, e se sapeste che curiosità che avrei di saperlo!

Truffaldino. No voria che la fuss una qualche lettera de sdegno e che m’avess da far romper el muso.

Smeraldina. Chi sa? D’amore non dovrebbe essere.

Truffaldino. Mi no vôi impegni. Se no so cossa che la diga, mi no ghe la porto.

Smeraldina. Si potrebbe aprirla... ma poi a serrarla ti voglio.

Truffaldino. Eh, lassè far a mi; per serrar le lettere son fatto a posta; no se cognosserà gnente affatto.

Smeraldina. Apriamola dunque.

Truffaldino. Savìu lezer vu?

Smeraldina. Un poco. Ma voi saprete legger bene.

Truffaldino. Anca mi un pochettin.

Smeraldina. Sentiamo dunque.

Truffaldino. Averzimola con pulizia. (ne straccia una parte)


  1. Paper. ecc.: loro.