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L'INCOGNITA 141

Colombina. Oh, son passati più di tre mesi ch’ella non lo voleva nemmen salutare.

Beatrice. Poi come ha principiato?

Colombina. Dai un giorno, dai l’altro; la seguitava per tutto; veniva a passar le notti sotto la sua finestra. La povera giovane, vedendo l’amore e la fedeltà di quell’amabil giovanetto, non ha potuto resistere.

Beatrice. Come ha fatto egli a venire in casa? Gli avete fatto voi la mezzana?

Colombina. Signora, mi perdoni...

Ottavio. Cara signora Beatrice, questa è una cantilena stucchevole. Voi badate a ricercare quello che a noi non deve premere nè poco, nè molto.

Beatrice. Certo; a me non preme; ne dimandava per semplice curiosità. (Non mancherà tempo di ricercar costei per minuto). (da sè) Se avete altre interrogazioni da farle, fatele pure, ch’io mi ritiro; parmi però che il soggetto di cui si tratta, non meriti tanta cura. (Vadasi a liberare, se fia possibile, il carcerato e sia la mia pietà un maggiore stimolo alla di lui gratitudine). (da sè, parte)

SCENA III.

Ottavio e Colombina.

Ottavio. Che avete voi, che piangete?

Colombina. Parlando di Rosaura, non posso trattenere le lagrime.

Ottavio. Per qual ragione?

Colombina. Mi è sparita, non so dire dov’ella sia.

Ottavio. A voi non è noto ciò che l’è accaduto con Lelio?

Colombina. Oimè! Non so nulla. Lelio la perseguitava.

Ottavio. Sì, la perseguitava? Ella è una pazzerella; ella è fuggita con Lelio.

Colombina. Ah signore, non è possibile. La più onesta giovane non praticai di Rosaura.

Ottavio. Ma se è fuggita con Lelio!