Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/165

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Pantaloncino. Mi, patrona?

Madamigella. Sì, voi. Guardatevi in quello specchio in cui si ravvisano gli animi, in cui i vizi e le virtù si distinguono. Guardatevi in quello specchio che vi ho posto dinanzi agli occhi, e conoscete voi stesso. Se un cristallo sincero vi assicura che siete amabile, un ragionamento veridico vi convinca che non siete d’amare. Poveri doni di natura, in voi traditi da un ingratissimo abuso! Infelici le grazie del vostro volto, deturpato dal vostro basso costume! Sfortunato quel sangue che nelle vene vi scorre, misero quel padre che a voi diede la vita, infelice colei che ingiustamente vi ama.

Pantaloncino. E mia sorella me vol tanto ben?

Madamigella. Sapete voi chi è la sorella che cotanto vi adora?

Pantaloncino. Chi xela? No la xe Beatrice?

Madamigella. No; ella è la povera madamigella Rainmur.

Pantaloncino. Ella?

Madamigella. Sì. Io; lo confesso con mio rossore.

Pantaloncino. Madamosella, vu me obblighè... vu me intenerì... son qua.... son tutto vostro...

Madamigella. Andate, che non so che fare di voi. (s’alza)

Pantaloncino. Come! Questa xe una maniera de burlar. Disè che me volè ben, e po me scazzè in sta maniera?

Madamigella. Quando dico d’amarvi, fo una giustizia al merito del vostro viso; quando da me vi scaccio, tratto come merita il vostro basso costume.

Pantaloncino. Songio tanto cattivo?

Madamigella. Non avete studiato altro libro, che quello del baronezzo.

Pantaloncino. Xe vero, ma... son zovene, son ancora a tempo de far dei studi da niovo.

Madamigella. Sareste voi disposto a prendere delle migliori lezioni?

Pantaloncino. Sì, cara, sotto una maestra cussì virtuosa, e cussì furbetta, impareria in poco tempo.

Madamigella. Come sta il vostro cuore!