Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/332

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318 ATTO PRIMO

Beatrice. Ma ci vuol tanto a dire si fa questo e questo?

Ottavio. Non ci vuol niente.

Beatrice. Dunque via, cosa si fa?

Ottavio. Sedici e sei ventidue, e otto...

Beatrice. Otto diavoli che vi portino. (gli dà nel braccio)

Ottavio. Oh, me l’avete rotto... il numero.

Beatrice. Che siate maledetto!

Ottavio. Anche voi. (scrivendo)

Beatrice. Bestia!

Ottavio. Come lei. (come sopra)

Beatrice. Pensate di volerla durar così?

Ottavio. Il conto è fatto. (s’alza)

Beatrice. Che conto avete fatto?

Ottavio. Sì, l’ho finito.

Beatrice. Così mi trattate?

Ottavio. A pranzo, signora.

Beatrice. Uomo indegno!

Ottavio. A riverirla a pranzo. (parte)

Beatrice. Indegnissimo! Non si scalda, non risponde e mi fa rodere dalla rabbia... Ah, quel maledetto ridotto, quel maledetto luogo rinchiuso! Voglio andarvi, voglio vedere, voglio sapere, se credessi di dover crepare. (parte)

SCENA IX.

Rosaura e Florindo.

Rosaura. No, lasciatemi stare. (fuggendo da Florindo)

Florindo. Fermatevi, non mi fuggite.

Rosaura. Voi non mi volete niente di bene.

Florindo. Ma perchè dite questo?

Rosaura. Se mi voleste bene, mi direste quel che si fa in quella casa.

Florindo. Ma ve l’ho detto, ridetto e riconfermato. Non si fa niente.

Rosaura. Se non si facesse niente, non vi anderebbe nessuno.

Florindo. Voglio dire, non si fa niente che meriti la vostra curiosità.