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174 ATTO TERZO

Beatrice. Ho inteso, ho inteso. In casa vostra non mi vedrete1 più. -(a Pantalone)

Lelio. Signor Pantalone, la cosa è accomodata.

Pantalone. Come?

Lelio. Sposerò la signora Rosaura.

Pantalone. E l’amor che gh’avevi per una, se baratta co l’altra?

Lelio. Così è; ardo per la signora Rosaura. Convien dire che la forza del nome attragga dal mio cuore le fiamme.

Rosaura. Ah signor zio, vi pare che un tal marito possa piacermi?

Lelio. Sì, mia cara, troverete in me quel merito che non cade sotto la pupilla degli occhi.

Corallina. Signor Pantalone, ora è tempo di pubblicare la vostra intenzione. Dite alla presenza della nipote, vostra unica erede, l’idea che avete sopra di me, e sentiamo s’ella abbia nulla in contrario.

Pantalone. Sì, fia mia, sappiè che ho destina de torla per mia muggier. Seu contenta? Ve despiaselo sto matrimonio?

Rosaura. Per me son contentissima, anzi vi consiglio di farlo presto.

Beatrice. Mi maraviglio di voi, signora Rosaura, che sì poco curate il decoro vostro...

Pantalone. Ela, patrona, la se ne impazza in ti fatti soi. Siora sì, la voggio sposar, e che sia la verità, alla presenza de mia nezza e de tutti, voggio darghe la man.

Corallina. Ed io, alla presenza di tutti, l’accetto.

Beatrice. Ora, signora Rosaura, durerete fatica a trovar marito.

Lelio. Son qui io, la prenderò io; quello ch’ella ha perduto, glielo renderò io.

Corallina. Non s’incomodi, signor Lelio, che alla signora Rosaura non mancheranno mariti. Signor Pantalone, ora son vostra moglie.

Pantalone. Sì, cara, sè mia muggier.

Corallina. La signora Rosaura dunque viene ad essere nipote mia.

Pantalone. Vu sè so amia, e ghe sè in logo de mare.

Corallina. Quando dunque é così, la mariterò io. Favorisca, signor Florindo. (verso la scena)

  1. Zatta: volete.