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54 ATTO SECONDO
Conte. Dov’è Molier?

Valerio.   Fra poco qui tornerà, signore.
Conte. Convien, per aver posto, ricorrere all’autore.
Le logge son già date, l’udienza sarà piena.
Vorrei per questa sera un luogo sulla scena.
Valerio. Servir fia nostra gloria un cavalier gentile.
Conte. Sì, Valerio, voi siete1 un giovine civile;
Riuscite a perfezione nel comico mestiere,
E in capo non avete i grilli di Moliere.
Valerio. Fra noi v’è differenza: i’ son mediocre attore,
Moliere è un uomo dotto, è un eccellente autore.
Conte. Moliere un uomo dotto? Moliere autor perfetto?
Sproposito massiccio, Valerio, avete detto.
Caratteri forzati sol caricar procura;
Nell’opre di Moliere non v’è, non v’è natura.
Valerio. Egli ha il punto di vista. Riflettere conviene.
Che i piccioli ritratti in scena non fan bene.
Conte. Che diavol d’argomento villano e temerario!
Che titolo immodesto! Cornuto immaginario!
Valerio. Dovriano consolarsi i soli immaginari;
Ma i veri sono molti, e i finti sono rari.
Conte. La Scuola delle donne è affatto senza sale.
Valerio. È ver, non ha incontrato, ma non vi è poi gran male.
Conte. Può dir maggior schiocchezza, che dir torta di latte?
Valerio. Sta qui tutto il difetto?
Conte.   Oibò: torta di latte!
Valerio. Non guasta una commedia un termine triviale.
Conte. Una torta di latte! Che sciocco! che animale!
Valerio. Signor, avete udita questa commedia intera?
Conte. Eh, che non son sì pazzo a perdere una sera.
Ascolto qualche pezzo, poi vado, poi ritorno;
Fo visite alle logge, giro l’udienza intorno.
Discorro cogli amici, un poco fo all’amore.
Non merta una commedia, che un uom taccia tre ore.

  1. Bett. e Pap.: Valerio, siete voi ecc.