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246 | ATTO SECONDO |
SCENA II.
Corallina sola.
Io credo benissimo ch’egli sia innamorato un poco della signora Rosaura; lo vedo spesso alla finestra, ma il povero giovine si avvilisce, e non ha coraggio nemmeno di parlare. L’amore è una gran passione; ma la fame la supera.
SCENA III.
Pantalone e detta.
Pantalone. Oh! quella zovene, giusto vu ve cercava.
Corallina. Mi comandi, signor Pantalone.
Pantalone. No seu vu, che ha vendù un per de calze a mia fia?
Corallina. Sì, signore. Le ha forse pagate troppo?
Pantalone. No digo che la le abbia pagae ne troppo, ne poco. No son omo che varda a ste minuzie, e lasso che in ste cosse mia fia se sodisfa. Ve digo ben, che in casa mia me fare servizio a no ghe vegnir.
Corallina. Perchè, signor Pantalone? Ho commesso qualche mala creanza?
Pantalone. No ve n’abbiè per mal. In casa mia no gh’ho gusto che ghe vegnì.
Corallina. Benissimo: sarà servito. Ella è padrone di casa sua. Può ricever chi vuole; può cacciar via chi comanda: è un signore tutto prudenza, non è capace di operar senza fondamento, non è capace di lasciarsi acciecare dalla passione; avrà i suoi giusti motivi, le sue giuste ragioni. Non mi vuole in casa sua? Pazienza; non ne son degna, e non ci verrò mai più. Non lo disgusterei per tutto l’oro del mondo. Il signor Pantalone de Bisognosi, che con tanto amore, con tanta carità, s’è interessato a favore del mio padrone, disgustarlo? Il cielo me ne guardi! No, signor Pantalone, non dubiti, l’assicuro: in casa sua non ci verrò mai più.