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LA FIGLIA OBBEDIENTE 467

SCENA XIII.

Florindo e detto.

Florindo. Servitor umilissimo del signor Conte.

Ottavio. Schiavo suo.

Florindo. Perdoni, se vengo ad incomodarla.

Ottavio. Chi è vossignoria?

Florindo. Florindo Aretusi1, per obbedirla.

Ottavio. Non la conosco.

Florindo. Son venuto a pregarla...

Ottavio. Non la conosco.

Florindo. Favorisca d’ascoltarmi.

Ottavio. Non parlo con chi non conosco. (parte

SCENA XIV.

Florindo solo.

Che maniera2 è codesta? Così si tratta co’ galantuomini? Perchè non mi conosce, non mi vuole ascoltare? Ma mi conoscerà3. Saprà ch’io voleva parlargli intorno al suo matrimonio, e sfuggirà di venir meco a parole4. Giuro al cielo, gli parlerò in luogo dove sarà forzato ad ascoltarmi; e se non vorrà udir le mie voci, lo farò rispondere alla mia spada.

SCENA XV.

Il Conte Ottavio e detto; poi il Cameriere.

Ottavio. M’ha detto il locandiere chi siete. Parlate, che vi ascolterò.

Florindo. Che difficoltà avevate voi di trattar meco?

Ottavio. Il mondo è pieno di bricconi. Sedete.

Florindo. (Mi son note le sue stravaganze). (da sè; siedono) Signore,

  1. Pap. aggiunge: livornese.
  2. Pap. aggiunge: di trattare.
  3. Pap. aggiunge: egli pur troppo.
  4. Pap.: a parlare.