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LA DONNA DI TESTA DEBOLE 167


So che el ghe vol ben, so che l’è una vedua che pol esser ricca, se la vence la causa, come se spera che l’abbia da guadagnar. Vedo che per rason de condotta vossignoria la desgusterà, e per questo el zelo, l’amor, la servitù, la mia età medesima, e sora tutto la bontà che l’ha sempre avudo de tollerarme, me sforza a pensar, me anima a dir, e me trasporta a desiderar.

Fausto. Io non cesserò mai di far conto dell’amor tuo, del tuo zelo, della tua fedeltà. Voglio però instruirti in una massima, che mostri presentemente o di non perfettamente intendere, o di non credere necessaria. Due sono le strade che possono condur l’uomo al possedimento d’un bene. L’una è la via retta e giusta, per la quale vi si giunge forse più tardi; l’altra è la tortuosa e falsa, per cui pensan gli uomini d’arrivarvi più presto. Ma che succede dappoi? Lo perdono colla stessa sollecitudine con cui hanno studiato di conseguirlo. La verità presto o tardi ha da avere il suo luogo, ha da conoscersi, ha da trionfare; e sono tanto più grati della verità i trionfi, quanto sono più certi, più durevoli, e più dal merito sostenuti.

SCENA IV.

Un Servitore di donna Aurelia, e detti.

Servitore. Signore, appunto io aveva ordine dalla mia padrona di ricercare di lei.

Fausto. Cosa comanda donna Aurelia da me?

Servitore. Ha necessità di dirgli una cosa, e lo prega pigliarsi l’incomodo di andar da lei.

Fausto. Ditele che fra un’ora al più sarò ad obbedirla.

Servitore. La supplico di non mancare.

Fausto. Preme anche a voi ch’io vada? Si tratta di qualche vostro interesse?

Servitore. Signore, la mi perdoni, non è la mia premura senza ragione. Quando la padrona aspetta qualche visita di quelle, come sarebbe a dire... non so se la mi capisca! è impa-