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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/51

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IL FESTINO 45
Conte. Facciasi pur. (Dieci zecchini!) (da sè) Andiamo.1

Dieci braccia d’argento.
Targa.   Signor, sollecitiamo.
Conte. Averete la mostra.
Targa.   L’argento so com’è:
Contatemi i zecchini, fidatevi di me.
Conte. Andiamo da Balestra, ei tiene il mio denaro.
(L’impegno in cui mi trovo, mi costa troppo caro).
(da sè; e partono)

SCENA VI.

Madama Doralice, poi Stanga servitore.

Madama. Senza di me la festa? senza di me, per cui

Dice di farla il Conte, si ballerà da lui?
Dirà, se non mi vede, la critica brigata
O ch’io non so ballare, o che non mi ha invitata.
Ma l’uno e l’altro è poco; diran, non è venuta,
Forse perchè non l’ha la Contessa voluta.
E il Conte che mi teme almen, se non mi ama,
Ardisce a un tale insulto esponere una dama?
In casa mia finito ha di venir l’audace...
Ma si farà la festa; questo è quel che mi spiace.
Per far che non seguisse, lo giuro, pagherei
Tutte le gioie ancora, non che i vestiti miei.
Chi sa? farò di tutto per ritrovar maniera...
Può darsi che mi riesca qualcosa innanzi sera.
Stassera tu non balli, Conte, te lo prometto,
A costo anche di farti precipitare il tetto.
Stanga. Signora, c’è il padrone?
Madama.   Fuori di casa è andato.
Per qual ragion ne chiedi?
Stanga.   Egli era domandato.

  1. Così è il verso in tutte le edizioni.