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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XII.djvu/369

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LA BUONA FAMIGLIA 363


Lisetta. Si può dire che lo faccia per carità.

Nardo. Carità pelosa un poco.

Lisetta. Via, fra il bene e il non bene. Ma non s’ha per questo da mormorare.

Nardo. Lo stesso si può dire della signor’Angiola, che va con certe compagnie di poco credito, con certi giovanotti di mondo, che fanno che mormori il vicinato.

Lisetta. Ma noi non abbiamo da mormorare, per questo che la padrona non vuole.

Nardo. E m’ha detto il suo servitore, che cento volte ha ella augurata la morte al marito.

Lisetta. Per voglia forse di rimaritarsi.

Nardo. Certo, perchè fra quei che la servono, vi sarà alcuno che le darà nel genio.

Lisetta. Eh, si vede ch’ella è d’un temperamento bestiale, capace d’ogni risoluzione.

Nardo. Si sono bene accoppiati. Marito e moglie, due veri pazzi.

Lisetta. Oh basta, non diciamo altro; non vorrei che principiassimo a mormorare.

Nardo. Se non fosse il freno che ci han messo i padroni!

Lisetta. Anch’io ne direi di belle; ma non vogliono che si dica.

Nardo. Ecco la signor’Angiola che se ne va.

Lisetta. E di là viene il signor Raimondo. Che si che s’incontrano?

Nardo. Andiamo, andiamo. Non ci troviamo fra questi pazzi.

Lisetta. Non mormorate. (parte)

Nardo. Non vi è pericolo. (parte)

SCENA XVII.

Angiola da una parte, Raimondo dall’altra.

Angiola. (Con questi cento scudi... Qua mio marito?) (da sè)

Raimondo. (Angiola qui? che vuol dire?) (da sè)

Angiola. Qua, signor marito?

Raimondo. Qua ancor ella, signora moglie?

Angiola. Sono venuta a far una visita alla signora Costanza.