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124 ATTO PRIMO


Dottore. Ha ella altro modo da pagare un tal debito, oltre la cessione del palazzo di cui si tratta?

Eraclio. Lo sapete, io non so dove rivolgermi per pagarlo.

Dottore. Dunque la causa non si potrà sostenere.

Eraclio. Ma questa causa non la posso perdere.

Dottore. Se avessi due teste, me ne vorrei tagliar una.

Eraclio. Tagliatevi quel che volete; la causa non la posso perdere.

Dottore. Ma mi dica almen la ragione.

Eraclio. Siete un bel Dottore, se avete bisogno ch’io vi suggerisca il come, il modo, il perchè.

Dottore. Sarò un ignorante. Favorisca d’illuminarmi.

Eraclio. In questa sorte di liti non procede il giudice more legalis.

Dottore. More legali, vorrete dire.

Eraclio. Ecco qui; voi altri dottori non sapete altro che stare attaccati alle lettere dell’alfabeto. Un esse di più, un esse meno, vi fa specie; ma non sapete il fondo della ragione.

Dottore. La sentirò volentieri da lei.

Eraclio. Da me sentirete di quelle cose che vi faranno stordire. Troverete pochi cavalieri della mia nascita, del mio rango, della mia antichità, che sappiano, come me, di tutto quello che si può sapere.

Dottore. Mi premerebbe saper per ora la di lei virtù nel proposito di questa causa.

Eraclio. In materia di cause ne ho difeso più di voi forse, per carità, per amicizia, per protezione. Il mio nome alla Curia è rispettato e temuto.

Dottore. S’adoperi dunque per sè, come si è adoperato per gli altri.

Eraclio. A un cavalier mio pari non è lecito agire per me medesimo, come far saprei per un altro.

Dottore. Illumini me almeno, che sono il di lei procuratore. So il mio mestiere, per grazia del cielo; ma pure imparerò volentieri qualche cosa di più da un cavaliere del di lei talento.

Eraclio. Noi abbiamo una causa... Come chiamate voi la causa che abbiamo?