S’accomodi, la prego, la prego, signor mio.
Conte. Ella vuol star in piedi?
(il Conte vuol prender egli la sedia)
Commissario. Sederò un poco anch’io.
(il Commissario la prende da se, e siedono)
Cosa abbiamo di nuovo delle cose del mondo?
Conte. Io colle novità davver non mi confondo.
La novità che stimo, in questo dì felice,
È l’amicizia vostra.
Madama. Oh signor, cosa dice?
Nostro onor che si degni venire in questi quarti.
Commissario. Da brava, commissaria, fate voi le mie parti.
Conte. Gentil moglie e marito. Dite, signor, vi prego,
È molto che godete l’onor di quest’impiego?
Commissario. Il triennio è vicino a terminar ben presto.
E non so dir poi dopo, se resto o se non resto.
Si aspetta il feudatario da noi, oggi o domani:
Vorrei mi confermasse; ciò sta nelle sue mani.
Ma ho dei nemici molti: con arte e con malizia
Hanno disseminato ch’io vendo la giustizia.
Ciò non è ver, credetelo. Non sono interessato;
Ma siamo malveduti da tutto il marchesato.
Mia moglie, ch’è la donna più amabile del mondo,
L’invidiano, l’invidiano quei di Castel Rotondo.
Dicono i maldicenti quel che lor viene in bocca;
Ed è la mia rovina, se andarmene mi tocca.
Oggi o doman si aspetta il nostro feudatario.
Signor, non vorrei essere ardito e temerario:
Altri che voi non puote far che il signor Marchese
Voglia un altro triennio tenermi nel paese.
Vi prego, signor Conte, di questa grazia, e poi...
Signora commissaria, pregatelo anche voi.
Conte. (Oh, son bene impicciato!) (da sè)
Madama. Non ho merito alcuno...
Conte. Voi meritate molto.