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498 ATTO QUINTO
Rosina. Se il mio Carlino di sposarmi ha brama,

Non lascerà la madre mia in un canto:
Ne terrà conto, se da ver mi ama.
Carlino. Giovane sono; ma d’aver mi vanto
Sensi onorati, e son di sentimento.
Che stiate meco, o di passarvi un tanto.
Lucrezia. Delle ciarle d’un uom non mi contento;
Se volete sposar la mia ragazza,
Voglio che mi facciate un istrumento.
So quel che fan quei della vostra razza;
Soffrono per un poco, e dicon poi
Non crepa mai codesta vecchia pazza?
Voglio per patto, se ho da star con voi,
La signora Lugrezia esser chiamata,
E per tutto venir con ambidoi.
Vo’ ogni mattina la mia cioccolata,
E ordinar la cucina a modo mio,
E ber vin puro tutta la giornata.
Voglio tener dei quattrinelli anch’io
Per il tabacco, o per giuocar al lotto,
E per qualch’altro accidental disio.
E se trovo in Germania un giovinotto
Che piaccia a me, ch’io non dispiaccia a lui,
Mi vo’ con esso maritar di trotto.
Non mi attristano ancora i giorni bui,
Di qualche grinza maculato ho il volto;
Ma sotto panni son però qual fui.
Finalmente da voi non chiedo molto:
Trovate il sere, distendiam la scritta,
Altrimenti le berte io non ascolto.
Carlino. Formate al memorial la soprascritta,
E mandatela al Duca dei corbelli,
Che vi sarà la grazia sottoscritta. (via)
Lucrezia. Lo senti il ghiotto? cotesti son quelli,
Che stanno alla veletta cogli aguati.