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380 ATTO PRIMO

Conte. Non mi fate scaldare il sangue. (si alza)

Faustino. Se il sangue vi si riscalda, vi pungerò io la vena per moderarlo.

Conte. V insegnerò io a maneggiare la spada.

Aspasia. Eh! signori, in casa del commissario?

Conte. Sì, in casa del commissario è il luogo dove si scannano gli uffiziali, dove si succhia il sangue delle milizie, e il vostro signor padre per venti zecchini ci permetterà di fare un duello.

Ferdinando. No, caro amico, riflettete al luogo ed al tempo. Guai a voi, se penetra il generale un simil trapasso, sul punto di dover servire ai suoi ordini. Questo non è il tempo a proposito...

Conte. S, è vero. Ci batteremo dopo la battaglia. (a Faustino)

Faustino. Quando vorrete voi. (al Conte)

Florida. Oh cieli! si poco stimate la vita; vi esponete per così poco ai pericoli? Ora non mi sorprende più tanto, che in allegria ed al gioco passiate l’ore che precedono ai militari cimenti. Credei che l’amor della gloria vi rendesse giulivi e solleciti di conquistare il trionfo sotto i comandi di un generale, giudice e spettatore del vostro coraggio. Credei che con eroica indifferenza andaste incontro ad una vittoria illustre, o ad una morte gloriosa; ma or che vi veggo esporre per cagion sì meschina ad una morte ingiuriosa,1 mi fate credere che il fanatismo, più assai che la ragione, vi domini e vi consigli. L’uso che fatto avete di scherzar colla morte, vi rende famigliare il suo nome, e vi esponete ai suoi colpi non per virtù, ma per abito. Se amaste veramente la gloria, dovreste meglio apprezzar la vita per conquistarla, e preferire il debito di buon soldato alla vanità di un imprudente coraggio. (parte)

Conte. Viva la dottoressa. Facciamole una canzona2 per la bella lezione che ora ci ha fatto.

Faustino. Donna Florida favellò con ragione.

  1. Così il testo. Forse ingloriosa.
  2. Zatta: canzone.